Tradurre non è certo un lavoro semplice…

Quando cerchiamo sul dizionario la definizione del termine “tradurre” in linea di massima troviamo sempre la stessa dicitura: “Volgere da una lingua all’altra un testo”.

Tradurre non significa semplicemente questo.

Quando traduciamo un testo, gli elementi da tenere in considerazione sono molti ed è importante coglierli tutti. Ogni contenuto, che sia composto da una o da 1000000000 parole, racchiude SEMPRE dei riferimenti culturali.  La lingua è il primo elemento di distinzione tra una nazione e un’altra. Ma l’identità di un popolo è formata dalla storia, dalle credenze, dal costume, tutte condizioni che vanno oltre la lingua nazionale.

Conoscere semplicemente una lingua straniera, dunque, non è sufficiente per svolgere una buona traduzione.

Un concetto non ha una sola traduzione possibile, non tutto il mondo traduce lo stesso termine nello stesso modo.

Il traduttore è un mediatore della trasmissione scritta, esamina il testo e lo traduce in modo che tutti i concetti vengano resi in modo fedele nella lingua di destinazione facendo attenzione a trasmettere attentamente tutti i riferimenti culturali, e tutte quelle espressioni che non hanno una corrispondenza esatta tra le due lingue, e per poter convertire il prototesto, cioè il testo d’origine, in metatesto, testo di arrivo, deve avere una perfetta padronanza della lingua da tradurre e della propria lingua madre, conoscere molto bene entrambi i contesti socio-linguistici e culturali.

Lawrence Venuti identifica due strategie di traduzione: addomesticante e straniante.

Nel suo saggio “The Translator’s Invisibility: A History of Translation” ripercorre la storia della traduzione per sottolineare come la strategia traduttiva più utilizzata fosse quella della scorrevolezza nella lingua di arrivo, e dell’eliminazione dei riferimenti culturali del tasto di partenza creando un secondo originale. Questa pratica, che elimina le referenze culturali “tradisce”, in qualche modo, il testo di partenza.

Una traduzione che neutralizza il testo straniero per conformarlo alla lingua e cultura d’arrivo è definita addomesticante, poiché rende il testo più familiare e comprensibile al destinatario mediante alterazioni e sostituti culturali, che possono però, in alcuni casi, determinare la perdita di alcune informazioni. La straniante, al contrario, mantiene immutato il contenuto del testo di partenza anche a costo di mettere in difficoltà il fruitore finale o infrangere le convenzioni della lingua d’arrivo.

Il traduttore prima iniziare a lavorare su un testo deve decidere se adottare una strategia volta al mantenimento delle strutture e dello stile della lingua di partenza, oppure una tesa a mutare questi aspetti per rendere il testo più vicina alla lingua e alla cultura di arrivo.

Il suo compito tuttavia è quello di mantenere il più inalterato possibile il significato del testo, conservandone le sfumature di senso, il tono, i riferimenti culturali, senza però perdere di vista il target di destinazione.

Non è certo un lavoro semplice.

I testi da tradurre sono sempre differenti e ogni campo traduttivo richiede competenze specifiche, dunque il mediatore deve possedere una vasta e solida preparazione in diversi ambiti; letterario, storico, linguistico, scientifico …

Per possedere ciò deve essere famelico, avido, bramoso di conoscenza. Deve accompagnare l’esercizio e la lettura all’aggiornamento costante. Deve essere una spugna che assorbe ogni nuova nozione.

Certo non si può sapere tutto, ma conoscere molto bene la lingua source e la lingua target permette di cogliere le sfumature di senso racchiuse in ogni parola e adeguarle al contesto.

Incappare in errori di resa è semplicissimo. I falsi amici, i calchi, i prestiti sono infimi nemici, sempre pronti a tenderti una trappola.

Ma conoscere una cultura permette di valicare le difficoltà transculturali che i realia, lo slang, gli indovinelli e le frasi idiomatiche regalano.

La formazione di un traduttore, dunque, non sarà mai completa, perché le culture si evolvono, le lingue creano neologismi, nuove espressioni e nuove sfide.